Ascoltare il tuo respiro e immaginare
in lontananza, ai confini tra il mare e il cielo,
di ascoltare lo stridore di gabbiani festanti.
La notte non è più il momento del tormento,
quando l’anima chiede alla coscienza i motivi
di una vita disillusa ed immonda, perennemente
in bilico tra peccato e lussuria, svanisce nel nulla
di una vita che scorre veloce fagocitando il tempo.
Non importa il nulla e il niente, non importa chi sono,
il mio ruolo nel mondo e nella società è poca cosa,
inezia inconsistente che misura una personalità
vuota e priva di affetti, lontana dall’amore.
Una parola, amore, da pronunciare delicatamente
quasi per paura di non essere degno di un tale dono.
Poi scoprire di aver paura d’amare e per non soffrire
decidere di amare la propria solitudine, gli spazi vuoti del creato,
gli sterminati confini irraggiungibili dell’anima, sospirando,
stringere una mano che non c’è e poi dire ti amo senza conoscerti.